Di Dario Minotti.
Sguardo sulle crescenti
pratiche di esportazione di “Capitale Umano”
“Fuga di cervelli”, “Fuga di
capitali”, “Fuga dalle città”: i lettori di quotidiani nazionali si sono abituati
a sentir parlare di FUGA. Molti fenomeni che comportano il passaggio di una frontiera
amministrativa sono da subito classificati come un atto di fuga. E fuggire
significa lasciarsi alle spalle una situazione indesiderata nella prospettiva
di raggiungere una situazione migliore.
Nei tempi attuali anche il
linguaggio comune fa da specchio: è folta la schiera di Italiani che lasciano
il Paese per recarsi verso migliori lidi, percependosi e parlano di sé come di
“Expat”; un fine francesismo che soppianta il meno accattivante “Emigrante”.
Non di vera fuga si tratta
quando parliamo della situazione inedita che si è venuta a stabilire a pochi chilometri
dal confine italo-svizzero, nel Canton Ticino. A ben vedere la clinica
ospedaliera Swiss Stem Cells Biotech SSCB è situata a meno di 600 metri dal
valico di confine di Brogeda e questa sua posizione strategica ha favorito gli
affari e la migrazione appunto di tanti cordoni ombelicali di bambini nati in
Italia.
La normativa vigente in Italia dal
2004 impedisce la conservazione e l’utilizzo degli organi quali cordoni
ombelicale e sangue placentare. Una dolce campagna mediatica e una politica di
marketing sanitaria molto pacata ha lentamente fatto breccia tra le future
mamme in Italia con un occhio di riguardo per il futuro del proprio bambino.
Infatti, nei prospetti di queste imprese di crioconservazione in tutta evidenza
compare il messaggio che salvaguardare questi unici depositi di staminali che
ogni mamma e bambino producono al momento del parto significa mettere al riparo
lo stesso da future degenerazioni dei tessuti, del sangue e persino delle
patologie mentali.
Da segnalare accanto alla
promozione di questi depositi di materiale genetico prezioso per le future
eventuali patologie la postilla che riguarda la condizione dell’autismo:
secondo queste società un deposito di materiale genetico potrebbe rivelarsi provvidenziale
nel caso di future diagnosi di autismo. Statisticamente la diagnosi di autismo
riguarda ormai 1 individuo su 88; il potenziale dei clienti tra le future mamme
impaurite si viene ad allargare. Le famiglie e le associazioni che convivono
con i bambini con il disturbo dello spettro autistico proprio a questo riguardo
protestano vivamente, raccontando di sentirsi prese in giro.
Ecco come avviene: si inizia con
la telefonata al call center che ha base in Italia. La futura mamma è molto
rassicurata nelle procedure e nel linguaggio: è tutto a portata di smartphone e
di corriere espresso. Niente di diverso da un acquisto online. Possibilità di monitorare
la consegna in tempo reale e tutto avviene a distanza senza dover affrontare
viaggi oltrefrontiera. E i costi?
Apparentemente si tratta di
somme che se valutate nel periodo della conservazione del cordone si aggirano
sugli 8,47 euro al mese, anche se la cifra di 3.050,00 euro va versata subito e
il sangue placentare o il cordone saranno conservati per 30 anni.
Poi esiste al contrario
dell’universo e-commerce, la persistenza delle frontiere e delle barriere
doganali: siccome il parto avverrà in Italia la futura mamma deve recarsi
presso la Direzione Sanitaria di competenza per richiedere l’autorizzazione
scritta all’esportazione. Inoltre saranno richieste alla partoriente i
risultati delle analisi su HIV, Epatite C ed esami tossicologici. Unico elemento
di intervento reale che si richiede in tutta l’evoluzione del parto è la
partecipazione del personale di ostetricia che in molti casi è già da subito
parte coinvolta con accordi con la SSCB per il prelievo venoso dal cordone
ombelicale, ma l’elenco delle strutture che già operano in sincronia con la
società svizzera deve essere valutato città per città.
La funzione privatistica di
questo accumulo di materiale organico ricco di cellule potenzialmente
riproduttrici di tessuti preziosi ha secondo molti studi effetti negativi proprio
sui donatori, in quanto chi è portatore di una particolare patologia dovrà
ricorrere a donatori compatibili ed evitare di attingere al proprio bagaglio
genetico già portatore di quei fattori critici.
Il Private Banking dei cordoni
ombelicali sotto questa prospettiva non offre le potenzialità de Common Banking:
fare rete funziona sempre anche nel caso delle cellule staminali e dei cordoni
ombelicali. La rete delle banche pubbliche del cordone e del sangue placentare
ha messo in opera un’attività di interconnessione che risponde prontamente alle
richieste di un paziente. I grossi
numeri e la velocità delle banche dati, in perenne contatto tra di loro,
facilita quello che un uso privatistico del proprio cordone ombelicale non può
affrontare: se un paziente porta una patologia sin dalla nascita appare
evidente anche ai non esperti che sarà come minimo prudente evitare di
attingere a quella fonte di cellule staminali originalmente portatrice delle
patologie. Sarà solo la connessione tra le banche pubbliche e la ricerca aperta
degli elementi compatibili a rappresentare la soluzione più efficace. Ancora una volta si dimostra in fin dei conti
che a “guardarsi il proprio ombelico” non si raggiungono i risultati migliori né
per sé, né per la collettività.