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Dalla Parte Di Nello Scavo
di Maurizio Anelli.
Il peso specifico delle parole, quelle dette e quelle mai pronunciate, è enorme. Nel bene e nel male sono un’arma potente, possono ferire e fare male con la stessa facilità con cui possono infondere coraggio. Le parole influenzano, indirizzano e orientano, cancellano o affermano verità. Possono essere un atto di amore, oppure un mestiere al soldo di chi offre il compenso migliore. C’è un mestiere antico che vive di parole e misura la dignità di chi le pronuncia: il giornalista.
Il potere ha sempre avuto bisogno di servi fedeli mascherati da giornalisti, sempre pronti a intingere la penna nel letame dell’ipocrisia. Ma per ogni servo, pronto a scodinzolare davanti al padrone, c’è anche chi intinge la penna nell’inchiostro della dignità e scrive, racconta, denuncia e solleva la polvere dal tappeto in cui la si vuole nascondere.
Nello Scavo non ha paura di sollevare la polvere. Lo ha fatto parlando di Malta, denunciando “…gli affari sporchi, il petrolio sporco e gli accordi sporchi tra i governi.” Il riferimento, chiaro ed esplicito, era al torbido giro di affari fra Malta e la Libia, con il coinvolgimento della mafia siciliana e il non casuale ma continuo respingimento dei migranti verso le coste libiche. Le inchieste di Nello Scavo non sono mai state morbide e le reazioni non si sono fatte attendere a lungo, le intimidazioni arrivano direttamente da Neville Gafà, ex capo di gabinetto del premier maltese: “Fermate i vostri sporchi affari. Altrimenti vi fermiamo noi”.
Neville Gafà è l’artefice degli accordi segreti stipulati da Malta e Libia sul respingimento dei migranti,
Ma non solo: è stato anche il grande regista della campagna di diffamazione messa in atto contro Daphne Caruana Galizia, la giornalista che indagava sui paradisi fiscali che coinvolgevano le figure di primo piano della politica maltese. Daphne Caruana Galizia è stata assassinata il 16 ottobre 2017.
L’inchiesta di Nello Scavo puntava il dito sui mancati soccorsi in mare e sul ruolo del governo di Malta nei respingimenti dei barconi dei migranti, con l’utilizzo dei pescherecci maltesi in collaborazione con la Guardia Costiera libica. Il 22 aprile 2020, sulle colonne del giornale “L’Avvenire”, Nello Scavo scrive un articolo durissimo sulla “Strage di Pasquetta”. Sono verità scomode che molti vorrebbero mettere a tacere, e l‘irritazione di Malta e delle diplomazie europee per quelle parole è evidente e non celata.
Da Malta alla Libia il passo è breve. La Libia è una costante torbida nella storia politica dell’Italia che si trascina dalla vergogna del ventennio fascista ad oggi, e da sempre nasconde segreti mai chiariti in nessuna epoca e da nessun governo. Affari, interessi economici e militari, sono gli anelli di una catena che lega Italia e Libia in un reciproco e oscuro, ma non troppo, scambio di porcherie. Si potrebbe scrivere un libro su questa catena e si troverebbero mille accordi-bilaterali, mille compromessi e tanta ipocrisia. Percorso lungo e tortuoso, altri meglio di me lo hanno già affrontato. Scelgo allora di restare sul presente, perché quando si parla della Libia di oggi il discorso scivola inevitabilmente sulla rotta dei migranti e sulla loro odissea, sulle milizie che hanno il controllo dei centri di detenzione illegali dei migranti in Libia, veri e propri lager tollerati dall’Europa che Nello Scavo conosce bene: nel settembre 2017 riuscì ad entrare in una di quelle prigioni e raccontò in presa diretta le condizioni di vita dei migranti prigionieri. È su questa rotta che Nello Scavo solleva il tappeto che nasconde la polvere, e quando la polvere si alza crea sempre una tempesta.
Qual è il ruolo che l’Italia riveste in tutto questo? Quali sono le responsabilità politiche e umane del nostro Paese sull’affare “migranti”? Sono tante, e sono gravi. Il Memorandum d’intesa, sottoscritto tra Italia e Libia il 2 febbraio 2017, aveva l’unico scopo di bloccare le partenze di migranti e rifugiati e
assicurava la piena collaborazione con le autorità militari libiche per il controllo delle frontiere della Libia. Questo con il consenso europeo, tanto che venne fatto proprio dai leader europei il 3 febbraio con la “Dichiarazione di Malta”. Quell’accordo, fortemente voluto dal Ministro degli Interni dell’epoca, Marco Minniti, venne firmato dall’allora presidente del Consiglio Paolo Gentiloni e da Fayez al-Sarraj, primo ministro del Governo di Riconciliazione Nazionale libico.
Un accordo mai messo in discussione e che, anzi, è stato tacitamente rinnovato all’inizio del 2020.
Ma quell’accordo è solo la pagina nera di un libro che oggi continua con ulteriori capitoli. Una pioggia di denaro arriva oggi alla Libia, dall’Italia e dall’Europa. Sono i finanziamenti a quello che è stato chiamato “Progetto delle Municipalità Libiche”, ufficialmente destinati al miglioramento di beni pubblici: scuole, acqua potabile, strade, ospedali. Nella realtà si tratta di denaro fresco che entra nelle tasche di quelle milizie che in Libia controllano tutto, a cominciare dal traffico di uomini. Si tratta di centinaia di milioni di euro, e su questo Nello Scavo porta avanti la sua inchiesta. Ma il giornalismo d’inchiesta solleva polvere, crea problemi a tutti: e Nello Scavo crea problemi a Malta, alla Libia e anche all’Italia. Le inchieste pongono domande che esigono risposte che non arrivano mai, oppure arrivano quando è tardi.
Dal 18 ottobre 2019 Nello Scavo vive sotto scorta. Sul quotidiano “l’Avvenire” aveva denunciato la presenza di Abd al-Rahman al-Milad, detto “Bija”, nella delegazione libica al Cara di Mineo nel maggio 2017, guarda caso dopo la firma degli accordi con la Libia. Era l’uomo al comando della guardia costiera libica, noto per le sue collusioni con i trafficanti di uomini e per i suoi reati contro i migranti e i profughi. Eppure, era entrato in Italia senza alcuna difficoltà e con un regolare lasciapassare. In seguito a quella denuncia erano arrivate, forti e chiare, le prime minacce. Oggi un ulteriore salto di qualità: a minacciare l’Uomo e il giornalista non è più e solo un trafficante di uomini ma un ex capo di gabinetto, un politico di rilievo dunque. In tutta questa storia c’è un significato politico enorme, che rende sempre più nero il livello di complicità che si è creato sull’asse fra Roma e Tripoli, ma sembra che nessuno dei governi che si sono alternati in questi anni se ne preoccupi. Il Governo italiano, come per altre questioni, sceglie di restare in silenzio. Probabilmente non sapremo mai il valore reale del flusso di denaro che da Roma viaggia verso Tripoli, sappiamo però che la guardia costiera riporta nelle sue prigioni i migranti in fuga. Può farlo, sono troppi gli occhi che girano lo sguardo da un’altra parte.
Sì, il peso specifico delle parole, quelle dette e quelle mai pronunciate, è enorme. Il concetto etico che Pippo Fava aveva del giornalismo esiste ancora, nonostante Governi e Stati, e chi lo pratica lo fa consapevole che nessuno proteggerà le sue spalle perché il gioco del Potere è un gioco dove servi e mercanti vogliono vincere facile: allora è molto più conveniente e facile celebrare il giornalismo da salotto, porta voti e serate divertenti. Ma il giornalismo è un’altra cosa e Pippo Fava lo sapeva bene, qualcuno lo segue ancora su quella strada dove la dignità e la coscienza camminano a testa alta, libere e indipendenti. Nella vita non esistono solo servi e mercanti e non tutte le persone hanno un prezzo.
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