A.R. Chewett (1877-1965), Giovane uomo che legge (inizio XX sec.)
CAPIRE IL FUTURO
Elisabeth Åsbrink, 1947 (Iperborea)
Kader Abdolah, Uno scià alla corte d’Europa
(Iperborea)
“Siccome la memoria si comporta in modi imprevedibili e fa
sempre quel che le pare, mi viene improvvisamente in mente una frase attribuita
a Napoleone: «Per capire un uomo, bisogna capire il mondo in cui viveva a
vent’anni».” (J.G. Vásquez, La forma delle rovine, Feltrinelli)
Recuperare il passato per tentare di prevedere il futuro?
Sembra piuttosto voler provare a cogliere il presente il libro della
giornalista svedese Elisabeth Åsbrink.
Il 1947 mese per mese, storie, personaggi e paesi dispiegano
le linee del loro avvenire e i fili si intrecciano a formare un grande,
affascinante e spaventoso insieme, affresco: c’è tutto un mondo dentro questo
semplice, unico anno.
La Polonia accusata di negazionismo? Sì, ma nel 1947: “Il
19 gennaio i cittadini sono chiamati alle urne. Nelle settimane precedenti,
però, mezzo milione di persone è stato accusato di aver collaborato con i
nazisti e, per punizione, privato del diritto di voto.”
Una Germania troppo forte a livello europeo? Però, dopo la
guerra: “Più che una Germania pesantemente castigata, all’Europa serve una
Germania che funzioni a sufficienza per fare da scudo e difesa contro la diffusione
del comunismo.”
La Gran Bretagna fuori dall’Unione Europea? Non è la prima
volta: “L’impero si spacca. Coloro che avevano detenuto l’egemonia mondiale
ci rinunciano, coloro che avevano esercitato il dominio sugli oceani, sulle vie
commerciali, sulla politica dell’equilibrio, che avevano diffuso la propria
lingua, i propri sport, le proprie armi, il proprio sistema scolastico, la
propria sterlina e i propri soldati, tagliano ora i legami e si ripiegano su se
stessi. Una settimana incomprensibile.”
E sul nascere se lo è chiesto anche l’UE: “Con la Gran
Bretagna? Senza la Gran Bretagna?”
Migranti e profughi sono un problema? Ricordare che: “È
inutile. Non c’è niente da fare. Come potrebbe essere altrimenti, quando
l’unica cosa che vogliono i profughi è lasciare l’Europa, il luogo del delitto,
e raggiungere gli Stati Uniti, o magari la Gran Bretagna, ma né gli Stati Uniti
né la Gran Bretagna hanno intenzione di farli entrare?”
E già che si parla di ebrei: “Nel 1933 alcuni nazisti
locali del Cairo scrissero a Berlino lamentandosi che era inutile sprecare
tempo e denaro in pamphlet antisemiti, perché tanto a nessuno importava.
Sarebbe stato meglio, proposero, indirizzare la propaganda verso il problema
che racchiudeva il più grande conflitto possibile tra interessi arabi ed
ebraici: la Palestina.”
E a proposito di guerre e tensioni più o meno inesplose, i
rapporti tra India e Pakistan: “In Pakistan le lancette raggiungono la
mezzanotte trenta minuti prima che in India. E anche se tutto accade in
contemporanea le due nuove nazioni festeggiano l’indipendenza in date diverse.”
La Siria: “Circa 300 membri dei Fratelli musulmani si
stanno sottoponendo ad addestramento militare alla scuole d’agricoltura di
Latakia. (…) Hasan al-Banna scrive un articolo per il settimanale al-Ikhwan
al-Muslimun dal titolo «Lasciate che soffi il vento del paradiso».”
Lo Stato islamico: “Sayyid Qutb verrà giustiziato,
considerato un martire, e si guadagnerà devoti sostenitori. Le sue idee portano
ad altro, le azioni basate sulle sue idee portano ad altro. Ascoltando con
attenzione si possono sentire i seguaci della violenza che elaborano
giustificazioni per gli omicidi e tracciano la genealogia del terrorismo da
allora a oggi (…).”
Senza dimenticare le forze sovraniste ed estremiste di destra:
“Lì si costruisce il futuro, un bianco baluardo di visioni: L’Europa agli
europei. (…) Vi scrivono (…) e Jean-Marie Le Pen.”
Le parole, più che il tempo, segnano il passo. Quelle di
Orwell, che: “catturano il presente, ma due anni più tardi il presente è
fuggito via rubandogliele.”
Quelle che stanno alla base della nascita della CIA: “ (…) «altre
funzioni e doveri relativi alle informazioni che influiscono sulla sicurezza
nazionale». Dodici parole che si riveleranno appigli molto utili per centinaia di
operazioni segrete.”
Le poesie di Nelly Sachs, che scavano l’oscurità alla ricerca
di una nuova lingua: “Eccola seduta lì, lei stessa gracile come un ricordo,
che rievoca le ombre dei morti, le tira a sé, le condensa, le rende visibili
come fumo.”
E infine il monito che andrebbe ribaltato: “È facile
commettere un genocidio, constata Raphael Lemkin, perché nessuno vuole credere
che possa accadere fin quando non è troppo tardi. Là fuori il mondo ripete:
«Mai più.» Ma Lemkin conosce la storia del genocidio, sa che la logica invece
dice: «La prossima volta.» È già successo, quindi può succedere ancora.”
C’è bisogno di aggiungere altro? [FINE]
“Il cancello era chiuso da una vecchia catena di ferro
arrugginito. Come se qualcuno avesse detto: fino a qui e non oltre.”
L’ultimo libro di Kader Abdolah, Uno scià alla corte
d’Europa, è uscito lo stesso anno di 1947 ed è come se facesse un
passo indietro e uno avanti rispetto alla Åsbrink, restando però sulla stessa
strada che è poi la nostra Storia.
Il professore Seyed Jamal e la sua assistente Iris
si mettono sulle tracce di un sovrano persiano che a fine Ottocento intraprende
un Grand Tour che lo porterà a conoscere l’Europa del tempo e a comprendere che
per lui e il suo lungo e fastoso seguito non c’è futuro.
Il racconto di questo viaggio si interrompe a tratti per
seguire Seyed e Iris nelle loro ricerche sul campo in un’Europa
che, ahimè, conosciamo fin troppo bene: “Erano le 11.30 del 7 gennaio 2015
quando due fratelli algerini, Chérif e Saïd Kouachi, di 32 e 34 anni, nati
entrambi a Parigi, compirono un attentato nella redazione della rivista
satirica Charlie Hebdo.”
Leggendo di un oggi che è già ieri, ma allo stesso tempo
ancora così presente negli occhi e nella mente, sembra quasi di poterlo
rivivere in presa diretta.
Kader Abdolah è già andato al di là di quel cancello sbarrato
unendo storia e cronaca in un mix magico.
Perché se manca “il coraggio di lasciarsi tutto alle
spalle”, allora bisogna riuscire a guardare avanti in altro modo: “Aveva
finalmente accettato di essere un re insignificante, ma anche un re che
scriveva.”
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