Di Filippo Nardozza.
Servizi tagliati e
ridotti alla pura essenzialità, risorse
dimezzate. Da Milano a Bologna, da Reggio Emilia a Firenze, sono diverse le
città italiane
in cui i bandi della Prefettura per l’accoglienza diffusa
dei migranti (nei CAS, centri di accoglienza straordinaria) stanno andando
deserti, per motivazioni riconducibili a un modello normativo non più
rispondente alla via di una umana integrazione.
Le associazioni, le
fondazioni e le cooperative che se ne occupano non ci stanno, e il
motivo è chiaro. La nuova politica sull’immigrazione del Ministero dell’Interno
sfavorisce e depotenzia la “seconda accoglienza” – quella
degli SPRAR, costruita per andare al di là dei servizi di
primissima necessità – a vantaggio dei grandi centri di
permanenza: luoghi in cui, in sostanza, si viene collocati in attesa del
rimpatrio (come quello milanese di via Corelli, di prossima conversione) e in
cui le condizioni di vita e le “opportunità”
tendono a rasentare la sopravvivenza.
Così, su questa
scia, già a
inizio primavera, il Comune di Milano si era ad esempio tirato fuori
dalla gestione di 7 centri appaltati al privato sociale: dallo scorso 30 aprile
competente è la Prefettura. Il motivo, è la mancata risposta del ministero dell’Interno
alla domanda di Milano di poter raddoppiare i posti di seconda accoglienza, da
422 a 1.000, nella direzione di una maggiore integrazione.
Ben cinque cooperative lombarde a metà marzo
scorso si erano invece ribellate ai bandi delle Prefetture con un’istanza
di annullamento in autotutela. “Riteniamo questi bandi illegittimi per la
palese volontà di penalizzare
integrazione e inclusione”, diceva Valeria Negrini, portavoce dell’Alleanza
cooperative sociali della Lombardia. Nei nuovi bandi, infatti, vengono meno
servizi come l’insegnamento della lingua, il supporto psicologico, il trasporto
(quello per raggiungere le scuole di italiano, ad esempio), e non solo.
Anche una realtà
storica come la Fondazione Somaschi, concentrata sull’accoglienza
in piccoli appartamenti, volta all’integrazione, ha
deciso di non presentarsi: “Il nuovo bando della prefettura di Milano –
dichiara il portavoce Valerio Pedroni – mortifica l’accoglienza
diffusa riconoscendole un contributo inferiore a quello garantito all’accoglienza
collettiva e decisamente più basso di quello riconosciuto dal bando precedente.
Aspettiamo di
capire quali saranno gli sviluppi. Fondazione Somaschi è disponibile a
continuare la propria attività e a confrontarsi
con le istituzioni per garantire un’accoglienza
a condizioni ragionevoli. La questione ha una valenza complessiva e non solo
economica e riteniamo che le richieste specifiche del bando, relative per
esempio ai materiali monouso da utilizzare negli appartamenti, mantengano uno
stato di provvisorietà e non garantiscano
un’ospitalità finalizzata a
integrare i migranti”.
Spostandoci da
Milano, anche a Firenze (come riporta l’agenzia
Redattore Sociale) il bando della prefettura per l’accoglienza
migranti nei Cas è andato quasi deserto: su 1.500 posti offerti, sarebbero
soltanto poco più di 300 quelli presi in carico dalle associazioni che si sono
presentate, con rinunce come quella della storica cooperativa Albatros, che
finora aveva sul territorio 250 migranti. Stesso discorso per la cooperativa
Cristoforo, che al momento ospita circa 240 profughi e per la Diaconia Valdese,
che finora ne ospitava una ventina.
A Bologna, è
arrivata addirittura una sola offerta per 40 posti sugli 800 messi a bando. “Le
condizioni proposte dalla Prefettura sono insostenibili, anche rispetto ai
pochi servizi richiesti, già talmente ridotti da
far prevedere drammatiche ricadute sulle persone”, scrive in un
comunicato il consorzio bolognese L’Arcolaio.
“Le cooperative
sociali da tempo positivamente impegnate in progetti di integrazione e che
avevano creato occupazione, soprattutto giovanile, in un settore fondamentale
per la tenuta sociale del nostro Paese, hanno disertato le gare in quanto la
nuova normativa azzera servizi fondamentali e dimezza le risorse. In un Paese
normale, un ministro smentito quotidianamente dalle sentenze da una realtà che,
per fortuna, chiede di costruire un modello sociale diverso, sarebbe già dimenticato
dalla storia”
è il commento della Cgil da Facebook, con la segretaria bolognese Sonia
Sovilla.
I Tagli:
cosa accade in concreto?
Con i nuovi bandi
per l’accoglienza, la diaria riconosciuta dallo Stato per ogni persona accolta
passa da 35 ai 21-26 euro previsti dal nuovo
capitolato del Ministero dell’Interno.
Non ci si dovrà
quindi più preoccupare di garantire l’insegnamento della
lingua italiana, il supporto per la richiesta di asilo, la formazione
professionale, la positiva gestione del tempo libero (attività di
volontariato, di socializzazione con la comunità ospitante,
attività sportive).
Sparisce lo psicologo e diminuiscono pesantemente le ore minime settimanali
dell’assistenza
sociale.
Nei Cas che
ospitano sino a 50 persone viene chiesta la presenza dell’assistente
per soli 28,8 minuti al mese per ospite contro 86,4 minuti dei vecchi bandi. E
in strutture sino a 150 ospiti la media scende a 12,8.
Analoghi i tagli
per la mediazione culturale: nei centri più piccoli ogni ospite potrà contare
su 48 minuti al mese (prima 2 ore e 52,8 minuti); nelle strutture più grandi si
scende addirittura ad 19,2 minuti. Crolla anche l’assistenza
sanitaria: nei Cas sino a 50 persone viene chiesta la presenza del medico per
assicurare una media di 4 ore per ogni ospite all’anno,
senza più l’obbligo
di avere in struttura la presenza di un infermiere. Per i centri più grandi la
media di presenza settimanale del medico per ospite scende a 19,2 minuti.