Di Alfredo Luis Somoza.
L’autobomba che il 17 gennaio ha
provocato 21 vittime all’ingresso dalla Scuola di Polizia di Bogotá, in Colombia,
ha fatto ripiombare il Paese nei tempi bui della lunga guerra civile, che si
sperava fosse ormai superata. Responsabile sarebbe l’Esercito di Liberazione
Nazionale, che qualche giorno più tardi ha rivendicato l’attentato: si tratta
dell’unico gruppo di guerriglia ancora attivo, dopo che le FARC, ormai
diventate forza politica democratica, hanno firmato un accordo di pace.
Intanto, all’Avana, lo stesso Esercito di Liberazione Nazionale sta conducendo
un negoziato con il governo colombiano per raggiungere un cessate il fuoco.
Quasi nelle stesse ore esplodeva
un’autobomba vicino al tribunale di Derry, città dell’Irlanda del Nord nota per
la Bloody Sunday del 30 gennaio 1972, quando il I Battaglione del Reggimento
Paracadutisti dell’esercito britannico sparò contro i manifestanti irlandesi
colpendo a morte 14 persone, tra le quali 6 minorenni. Per fortuna questa volta
non ci sono state vittime. A compiere l’attentato sarebbe stata la “nuova IRA”,
una formazione dissidente dall’antico gruppo irredentista irlandese, non più
operativo dal 2010. Sono segnali in controtendenza, che riaccendono focolai di
tensione in realtà mai sopiti del tutto.
La “giustificazione”, si fa per dire, di
questo genere di terrorismo è legata ai fallimenti della politica: al fatto che
il governo colombiano, di estrema destra, non ha manifestato la volontà di
concludere un accordo di pace e alle incognite che la Brexit pone sul futuro
delle due Irlande. Non si tratta degli unici casi: in giro per il pianeta
esistono diversi episodi di ribellione armata, tutti però sempre più lontani da
obiettivi comprensibili. Anche perché il mondo della lotta armata tradizionale
non esiste più. I gruppi storici superstiti, così come quelli nati negli ultimi
anni, sono fortemente inquinati da connivenze con la criminalità, o addirittura
risultano direttamente coinvolti nella gestione di affari loschi, come la
vendita di droga, pietre preziose e legname di provenienza illecita. Altro
filone di lotta armata è quello della galassia jihadista, collegata economicamente
e politicamente con i peggiori regimi della Terra. Non che la politica
tradizionale sia estranea a “frequentazioni pericolose”, anzi: ma nel caso di
gruppi che rivendicano l’uso di strategie terroristiche tutto diventa ancora
più fumoso e incomprensibile.
Lo storico conflitto irlandese
presentava indubbiamente elementi di lotta di liberazione nazionale contro
l’occupazione inglese, così come quello colombiano nacque nell’ambito della
lotta tra latifondisti e contadini per il possesso della terra. Resta un
mistero quale possa essere oggi l’utilità di attentati contro i simboli dello
Stato per dirimere la questione Brexit o per accelerare un accordo di pace già
in discussione. Ed è così che questi gruppi residui di lotta armata, ai quali
vanno aggiunte anche alcune bande ribelli delle FARC in Colombia, di Sendero
Luminoso in Perù e dell’ETA in Spagna, si rivelano perfetti per essere
manipolati da quello stesso potere che dicono di voler combattere. Per la
destra colombiana e per gli unionisti irlandesi sono una manna dal cielo,
perché in un caso favoriscono ulteriori svolte repressive contro qualsiasi
forma di dissidenza, nell’altro giustificano l’ombrello protettivo di Londra.
Non c’è nulla di romantico né di condivisibile nell’azione di queste schegge di gruppi rivoluzionari sopravvissute alla Guerra Fredda. Sono solo burattini in un gioco più grande, in mano ai poteri forti o agli Stati, che li usano o se ne liberano secondo i bisogni del momento. Rappresentano però anche un segnale di allarme sull’ulteriore deterioramento della democrazia, praticata nel mondo da un numero sempre minore di Paesi e picconata quotidianamente dall’interno. Il terrorismo scuote fortemente l’albero della democrazia perché, oltre alla risposta repressiva, obbliga a trovare una risposta politica. Quando la democrazia non è più in grado di proporre nulla per riformare il mondo e si accontenta dell’esistente, si apre la stagione della demagogia e del populismo: anche di quello armato.
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